La Corte Suprema di Cassazione ha respinto lunedì scorso la richiesta di arresti domiciliari, avanzata da Giovanni Brusca, il boss mafioso siciliano che ha fatto esplodere l’esplosivo che ha ucciso il procuratore antimafia Giovanni Falcone nel 1992.
A riguardo, l’ex procuratore nazionale antimafia ed ex presidente del Senato Pietro Grasso ha detto che, pur rispettando la sentenza, non pensava che lo Stato dovesse trattare Brusca allo stesso modo dei capi di Cosa Nostra Toto Riina e Bernardo Provenzano.
“È giusto che Riina e Provenzano rimasero in carcere fino alla loro morte, ma qualcuno come Brusca non può essere valutato allo stesso modo”, ha detto Grasso al Corriere della Sera ieri.
“Ha passato più di 23 anni in prigione e tra due anni la sua condanna sarà scontata" ha aggiunto l'ex procuratore, sottolineando come Brusca “ottiene permessi che, in qualche modo, gli danno più libertà degli arresti domiciliari" e come questo "dimostra che cooperare con lo Stato paga”.